Lunar X Prize
Il 13 settembre 2007, tramite la sua fondazione X Prize Foundation, Google ha lanciato il concorso internazionale Lunar X Prize, mettendo in palio un montepremi di ben 30.000.000 (trenta milioni!) di Dollari per il primo team che fosse riuscito a mandare un robot sulla luna in grado di inviare foto e altri dati sulla terra. Teoricamente il concorso era aperto a tutti ma, per scremare le candidature a quelli davvero interessati, per candidarsi era necessario pagare subito 1.000 Dollari, che in caso di non ammissione sarebbero comunque stati restituiti. Se invece la candidatura fosse stata accettata, dalla stessa carta di credito usata in precedenza sarebbe stata detratta in automatico la quota completa di partecipazione di 10.000 Dollari, questa non più rimborsabile. In questo modo solo chi credeva davvero di avere una concreta possibilità di partecipare ad un progetto così ambizioso si sarebbe iscritto. Costruire un robot, metterlo dentro un razzo e mandarlo sulla luna, infatti, non è certo una operazione alla portata di tutti.

Nonostante le limitazioni poste alle candidature e le tempistiche ristrette per farlo, Google ha ricevuto in poche settimane circa 600 richieste di partecipazione, da tutto il mondo. Dopo attente ed accurate analisi, solo 10 candidature sono state accettate. Una di queste era italiana, presentata da una singola persona (cosa insolita perché tutte le altre erano invece state formalizzate fin dall’inizio a nome di aziende, consorzi o istituzioni). Ma questa persona non era una persona qualsiasi… bensì il professor Alberto Rovetta, ingegnere aerospaziale e Direttore del Laboratorio di Robotica del Politecnico di Milano, una delle università italiane più importanti e avanzate al mondo per quando riguarda la ricerca e lo sviluppo tecnologico. Rovetta l’aveva presentata a suo nome, anticipando anche la quota di iscrizione di tasca propria, perché era consapevole dei tempi biblici imposti dalle regole della burocrazia italiana, che se fossero state seguite alla lettera avrebbero di fatto reso impossibile la sua partecipazione ad un concorso così prestigioso.
Appena ricevuta da Google la mail che annunciava l’accettazione della sua candidatura, Rovetta ha immediatamente avvisato i suoi più stretti collaboratori, tra cui il designer Raffaele Iannello. Raffaele è stato svegliato nel cuore della notte dalla telefonata di Alberto Rovetta che, impaziente, gli chiedeva di incontrarlo dopo poche ore per discutere di un progetto importantissimo che avrebbe avuto la priorità su tutti gli altri su cui in quel periodo stavano collaborando. Ed è così che, la mattina successiva, è iniziata la strepitosa avventura di Team Italia al Google Lunar X Prize. Avventura che, appena 5 mesi dopo, sarebbe stata raccontata con grande enfasi dai media di tutto il mondo.

Il Politecnico di Milano, sotto la guida del professor Rovetta, aveva già sviluppato un robot per esplorazioni lunari in collaborazione con il Politecnico di Pechino. Il prototipo di questo rover (così si chiama infatti un robot a guida autonoma progettato per muoversi sulla superficie di altri pianeti o satelliti) nel 2007 era già esistente e perfettamente funzionante già da qualche anno, ma aveva ancora un aspetto un po’ “bruttino”, essendo stato realizzato da ingegneri che badavano più alla sostanza che all’estetica. In previsione della presentazione ufficiale presso il quartier generale di Google a Mountain View, che si sarebbe tenuta dopo pochi mesi, Rovetta ha così chiesto a Raffaele di occuparsi del design esteriore del nuovo rover con cui il Politecnico di Milano avrebbe partecipato al Lunar X Prize. Alla vigilia della presentazione ufficiale sono entrati a far parte del team anche il Politecnico di Torino, l’Università La Sapienza di Roma, l’Università Federico II di Napoli e due aziende: Thales Alenia Space di Torino e Carlo Gavazzi Space di Milano.
Durante la conferenza stampa di presentazione della gara, avvenuta il 21 febbraio 2008, il rappresentante di ognuno dei 10 team aveva a disposizione meno di due minuti (e solo una slide) per presentare il proprio progetto. Alberto Rovetta nella sua slide ha scelto di mostrare il rendering di uno dei concept ideati da Raffaele Iannello ed è successo che l’immagine di quel robot a sei zampe sia stata, tra tutte, l’unica che tutti i media internazionali presenti abbiano poi scelto come esemplificativa di tutto l’evento e l’abbiano usata per raccontare al mondo la partenza della competizione.

Il rendering del robot a forma di ragno ideato da Raffaele Iannello per la presentazione ufficiale di Team Italia a Mountain View è stato pubblicato, tra gli altri, anche su:
Nel 2008, quando il concorso Lunar X Prize fu presentato per la prima volta, l’unica immagine che finì sui media di tutto il mondo fu quella del robot ideato da Raffaele Iannello per Team Italia. I componenti del team, che fino a quel momento avevano lavorato nell’ombra, spesso pure autofinanziandosi, divennero di colpo famosi e ricercati dai media. Peccato che, qualche settimana dopo, come spesso succede in Italia appena si ha un po’ di visibilità, la politica si accorse del successo e si appropriò dell’intero progetto. Con la scusa di finanziarlo e rilanciarlo, tutti i componenti iniziali del team furono completamente estromessi e sostituiti. Sono passati molti anni e del glorioso Team Italia, che in pochi mesi dalle stalle era arrivato alle stelle, non se ne è saputo più nulla.

Adesso comunque quella gara è finita. Il termine iniziale sarebbe dovuto essere il 31 dicembre 2012 ma, in mancanza di un vincitore, fu posticipato una prima volta al 31 dicembre 2015 e successivamente al 31 dicembre 2017. Il 23 gennaio 2018 Google ha annunciato la conclusione del concorso Lunar X Prize senza vincitori, sebbene nel frattempo le squadre ammesse a partecipare fossero diventate 30, dalle 10 iniziali. Il 5 aprile 2018 la X Prize Foundation ha annunciato che, per le 16 squadre che non si erano ancora ritirate, la competizione sarebbe potuta continuare ma senza più alcun premio in denaro. Apparentemente nessuna squadra è più andata avanti.